I PIRATI A PALERMU

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I PIRATI A PALERMO


Sono arrivate le navi
tante navi a Palermo,
i pirati son sbarcati
con le facce d'inferno.
Ci hanno rubato il sole, il sole,
siamo rimasti al buio, che buio,
oh, Sicilia… piangi.
Tutto l'oro alle arance
han rubato i pirati,
le campagne spoglie
nella nebbia han lasciato
Ci han rubato il sole, il sole,
siam rimasti al buio, che buio,
oh, Sicilia… piangi.

I colori del mare
ci hanno rubato, che danno!
i pesci sono impazziti
che lamento che fanno.
Ci han rubato il sole, il sole,
siam rimasti al buio, che buio,
oh, Sicilia… piangi.

Alle nostre donne
han strappato dagli occhi
lo splendore ed il fuoco
che illuminava gli specchi.
Ci han rubato il sole, il sole,
siam rimasti al buio, che buio,
oh, Sicilia… piangi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Io ho incontrato Rosa Balistreri a Firenze, circa 6 anni fa, in casa di un pittore mio amico. Quella sera Rosa cantò il lamento della morte di “Turiddu Carnevali”, che è un mio poemetto. Io quella sera non la dimenticherò mai. La voce di Rosa, il suo canto strozzato, drammatico, angosciato, pareva che uscisse dalla terra arsa della Sicilia.
Ho avuto l'impressione di averla conosciuta sempre, di averla vista nascere e sentita per tutta la vita: bambina, scalza, povera, mogle, madre, perchè Rosa Balistreri è un personaggio favoloso, direi un dramma, un romanzo, un film senza volto. Rosa Balistreri è un personaggio che cammina sopra un filo di cotone, un poersonaggio che ha un cuore per tutti, che ama tutti; un cuore giovane per la Sicilia di Vittorini e di Quasimodo, un cuore giovane per la Sicilia di Guttuso e di Leonardo Sciascia”.

Ecco cosa pensava Ignazio Buttitta (1) di Rosa Balistreri

I versi sono di Ignazio Buttitta (19 settembre 1899 - 5 Aprile 1997) che ricorda in questo testo le invasioni turche, ma in senso lato è rivolta all’annessione della Sicilia da parte dello stato Italiano.

Famose le parole di Buttitta:
”Un populu mittitilu a catina /spugghiatilu, atttupatici a vucca,
e` ancora libiru. Livatici u travagghiu, u passaportu,
a tavula unni mancia, u lettu unni dormi, è ancora libiru.
Un populu diventa poviru e servu, / quannu ci arrobbanu
la lingua addutata di patri: è persu di sempri.
Diventa poviru e servu / quannu li paroli nun figghianu paroli
e si mancianu tra d'iddi”.
Un popolo mettetelo in catene, spogliatelo
tappategli la bocca è ancora libero. Levategli il lavoro, il passaporto
la tavola dove mangia, il letto dove dorme, è ancora ricco.
Un popolo diventa povero e servo / quando gli rubano la lingua
ricevuta dai padri: è perso per sempre. Diventa povero e servo
quando le parole non figliano parole / e si mangiano tra di loro

I temi ricorrenti nei suoi scritti sono quelli delle lotte contadine e della conservazione della cultura siciliana.

E’ la canzone che più delle altre dimostra il perfetto binomio tra Rosa e Buttitta, non solo erano amici fraterni, dividevano insieme ad altri amici ad Aspra spesso le serate davanti ad una tavola imbandita con olive, sarde salate, pane siciliano e vino locale, ma condividevano l’amore per la Sicilia, lo sdegno per lo sfruttamento del lavoratore, il richiamo ad una giustizia sociale vera, la conservazione della cultura siciliana, il canto per le bellezze della terra di Sicilia: il mare con i suoi colori, il cielo azzurro, il sole cocente e forte. Tutto i pirati hanno rubato, non resta che piangere, Sicilia piangi.

Il verso è settenario con accenti sulla sillaba 3/6